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Cos’è il mastering audio e come è nato?

 

Il mastering è considerato la fase finale della produzione musicale. Ma effettivamente cos’è il mastering audio? È quell’ultimo passaggio che, nel processo della produzione audio, fa da ponte tra il mix e la distribuzione; infatti il mastering è inteso come la rifinitura finale di un album (o di un mix) con conseguente riversamento sul supporto finale (CD, file per Itunes, youtube, spotify, vinile, ecc…).

Ognuno di questi supporti ha le sue caratteristiche e dunque, il prodotto che esce dalla fase di mastering dovrà essere conforme alle specifiche imposte dal supporto di destinazione. “I mastering engineers aiutano a presentare la musica nel miglior modo possibile” (Katz: Mastering Audio: The Art and the Science 2007), in quanto è l’ultimo step in cui è possibile correggere eventuali errori e fare scelte artistiche.

Va sottolineato, però, che l’ingegnere di mastering non deve cambiare il suono al lavoro effettuato dall’autore del brano, ma semplicemente, perfezionare e migliorare quello che già suona bene. Infatti, un buon mastering si può ottenere partendo da tracce ben registrate e ben mixate, rimarcando così l’importanza di ogni singolo stadio della catena produttiva. Bobby Owsinski definisce il mastering come il processo in cui è possibile dare “una lucidata” al proprio progetto per renderlo completo e amalgamato (Owsinski 2007).

 

 

Il processo di Mastering Audio:

 

Quest’ultimo anello della catena è composto da una varietà di processi, chiamato dai mastering engineers processing.

Questi processi agiscono per coerenza di volume, traslazione su diversi sistemi di ascolto e massima resa sonora: si cerca di bilanciare tutti i suoni, cercando di enfatizzare al massimo “l’anima” del disco e le potenzialità del lavoro, tarando il risultato finale per tutti i formati, massimizzando la resa sonora, a seconda delle richieste degli artisti, produttori, ecc….

Questo step, riguardante la resa sonora, è tuttora motivo di dibattito in quanto non è tanto complicato far suonare un brano come un altro a livello sonoro, quanto far sì che il brano rimanga naturale, che mantenga le sue dinamiche e il suo timbro caratteristico, quindi senza pesanti alterazioni o distorsioni dovute alla pesante lavorazione di limiting o compressione per portarlo al livello desiderato. Questo tema è spiegato dettagliatamente nell’articolo relativo alla Loudness War.

 

 

Il processing:

 

Detto ciò, il lavoro di un ingegnere di mastering si può descrivere analizzando il processing, il quale si può dividere in una serie di step:

  1. Correzione degli errori; una volta ascoltate le tracce si verifica attentamente che non ci siano rumori, glitch, fruscio, click o parti distorte. Se il brano o l’album non vengono giudicati buoni si possono richiedere eventuali cambiamenti al fonico di mix, altrimenti l’ingegnere di mastering provvederà a rimuovere questi problemi. Garantendo così pulizia e intelligibilità.
  2. Correzione spettrale o equalizzazione correttiva; applicata per avere una traduzione su più sistemi di ascolto possibile. La maggior parte delle volte viene fatta in digitale perché permette una maggiore pulizia e precisione rispetto gli equalizzatori analogici.
  3. Controllo della dinamica; affinché ci sia una coerenza di livello e dinamica nell’intero album.
  4. Enfatizzazione tonale; al fine di ottenere un ascolto più piacevole possibile, mantenendo coerenza con le altre tracce dell’album. È più efficace con macchinari analogici, i quali danno un carattere al segnale per via dei loro componenti.
  5. Controllo del panorama; per eliminare o gestire eventuali correzioni di fase, mantenendo un ascolto il più avvolgente possibile. Si lavora prettamente in digitale per evitare problemi di fase e, particolarmente, in mid e side.
  6. Controllo dei livelli; per gestire la riproduzione su vari supporti (broadcast, radio, vinile, mp3, AAC) a seconda del media di riferimento.
  7. Stesura tracklist; è l’ultimo passo creativo del processing e comprende la compilazione dell’album finale, inserimento di metadata, fades, pause e la preparazione del cd master o DDP.
  8. Conversioni tra i formati; è l’ultima fase della lavorazione in cui si definiscono i parametri relativi al formato finale della traccia che può essere destinata al broadcast, radio, vinile, mp3, AAC. Apportando successivamente relativo controllo di qualità.

 

Una volta sottolineati la quantità d’interventi che si possono e/o devono fare in qualità di mastering engineer, va anche puntualizzato che, a differenza della fase di missaggio, il principio fondamentale è che ogni minimo cambiamento ha ripercussioni sull’intero segnale. Proprio per questo Bob Katz definisce questo mestiere “l’arte del compromesso” (Katz 2007).

 

 

 

Mastering audio: Cenni storici

 

Fase 1

 

Prima del 1940 il mastering e particolarmente la figura dell’ingegnere di mastering erano inesistenti; il supporto di registrazione standard era il 78 giri in gommalacca, che inizialmente , prima dell’invenzione dei microfoni, veniva inciso con strumenti meccanici su una sola facciata.

La tecnica di scrittura consisteva in un convogliatore a cono che concentrava i suoni su una sottile membrana le cui vibrazioni, mediante uno stilo, incidevano la cera depositata sul disco matrice ruotante. Dopo l’invenzione dei microfoni, la qualità ne trasse notevole vantaggio, ma il master veniva scritto comunque in tempo reale perché mancava un supporto affidabile sul quale registrare momentaneamente e poi riversare successivamente sul master.

Quindi fino a questo momento i dischi erano stampati direttamente sulla matrice maestro la quale veniva utilizzata per la duplicazione rendendo inesistenti le tecniche di mastering e inutile una distinzione tra i vari tecnici del suono del tempo. Infatti, il mastering non sarebbe mai stato possibile senza l’invenzione, intorno al 1940, dei primi registratori a nastro, i quali introdussero la possibilità dell’editing dell’audio registrato dando inizio alla postproduzione. Pochi anni dopo, l’Ampex, produsse il primo registratore a nastro in commercio, l’Ampex 200 (vedi fig.1).

 

ampex 200a

ampex 200a

                                                                                                                                       Fig. 1. Ampex 200A

 

Fase 2

 

In questo momento nasce una sorta di figura di ingegnere di mastering, che all’epoca veniva chiamata tecnico di trasferimento in quanto era il responsabile del trasferimento dal nastro al vinile tramite una serie di processi. Nel 1948 fu introdotto, dalla Columbia Records, il disco in vinile, evoluzione dei precedenti dischi a 78 giri.

I dischi in vinile, o microsolchi, divennero immediatamente il nuovo standard di riproduzione poiché essendo fatti in PVC (Polivinilcloruro o Cloururo di polivinile) invece che gommalacca, permisero di ridurre lo spessore dei solchi, diminuire il passo della spirale e abbassare la velocità di rotazione da 78 a 331⁄3 giri per minuto, ottenendo così una maggiore durata di ascolto, che raggiunse al massimo 30 minuti per lato, con conseguenti limiti sonori .

Ovviamente, grazie all’avvento del nastro magnetico, la tecnica di produzione cambiò rispetto ai vecchi 78 giri: anziché registrare in tempo reale si inizia a registrare prima su supporto magnetico; utilizzando un tornio di precisione (vedi fig.2) viene inciso un disco di alluminio, coperto di lacca, attraverso una testina pilotata dal segnale elettrico della registrazione (avvenuta precedentemente su nastro magnetico).

tornio di precisione

tornio di precisione

Fig. 2. Tornio di precisione

 

Questo disco di alluminio è il master. Una volta creato, quest’ultimo, viene lavato e pulito dalla lacca e ricoperto da un sottile strato di argento. Questo strato di argento rende possibile il processo galvanico che fa si che sul disco si depositi del nickel (vedi fig.3).

 

Vynil laquer o master

Vynil laquer o master

Fig. 3. Vynil laquer o master

Fase 3

 

Da questo si ottiene un disco, simile al master, ma inciso in negativo, detto matrice o madre. Questa copia, come il disco di origine, presenta i solchi incisi e viene ascoltata ed osservata al microscopio per verificare eventuali errori o imperfezioni.

In seguito, ripetendo il processo galvanico si ottengono gli stampi definitivi utilizzati per pressare il vinile. Infine viene inserito, nella pressa a caldo, un ammasso gommoso anche detto “biscotto”, creando il vinile e imprimendo su quest’ultimo i solchi.

In questo momento nasce ufficialmente la figura del tecnico di mastering: Ossia colui che si occupava della creazione della matrice e della pressatura della lacca per la produzione del vinile. Nel 1957 l’Ampex introdusse l’Ampex MM100 (vedi fig.4) dotato di selective syncronous recording (selsync) dotata di overdubbing e a partire da questo momento viene scissa del tutto la figura del recording engineer da quella del mastering engineer.

Ampex MM100

Ampex MM100

Fig. 4. Ampex MM100

Fase 4

 

I dischi, inizialmente, venivano registrati con il segnale di un solo canale, quindi monofonici. Negli anni trenta venne ideata una tecnica che permetteva di incidere due segnali contemporaneamente su un’unica traccia, sfruttando sia il movimento orizzontale sia quello verticale dello stilo rendendo possibile la scrittura di entrambi i canali all’interno del solco dando il via alla riproduzione, non più monofonica, ma stereofonica. Questa tecnica venne, però, commercializzata intorno agli anni 60.

Grazie all’avvento della riproduzione stereo, gli ingegneri di mastering, acquistarono altri ruoli ossia, non solo il compito del trasferimento della registrazione su disco ma anche quello di intervenire con delle equalizzazioni ed altri interventi correttivi in modo da migliorare la qualità della riproduzione.

Tutto ciò rese più importante il ruolo del tecnico di mastering dandogli per la prima volta quell’aspetto creativo e artistico del tutto assente fino a quel momento. Nel 1967 nacque il primo studio di mastering, chiamato Master Lab, creato dal suo proprietario Doug Sax (vedi fig.5). Con l’apertura di questo studio il tecnico di mastering acquisì ancora più visibilità nell’industria discografica.

 

Doug Sax nel suo studio Masterlab nel 1967

Doug Sax nel suo studio Masterlab nel 1967

Fig. 5. Doug Sax nel suo studio Masterlab nel 1967

Fase 5

 

Nel 1982 con l’introduzione del CD, da parte di Sony Philips la figura del mastering engineer è ormai consolidata ed il passaggio al digitale presenta non pochi problemi per gli ingegneri di mastering che utilizzano ancora molti dei macchinari analogici per trasportare i nastri sul glassmaster. Però nel 1989, con l’introduzione della DAW Sonic Solutions dotata di software per pre-mastering e, successivamente, con l’avvento dei file MP3, (MPEG-­1 Audio Layer 3) del 1995, del surround 5.1, del 1999, e delle frequenze di campionamento elevate, il mastering cominciò ad evolvere a pieno nell’era digitale che porta ai giorni nostri.

 

Tutti questi progressi nella tecnologia del suono hanno portato l’ingegnere di mastering ad essere l’ultimo anello creativo della produzione, responsabile del trasferimento su svariati supporti finali.

 

 

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Marco James D’Emidio

 

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