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Tecniche di gestione della dinamica: Limiting e controllo dei livelli nel mastering

 

 

 Il limiter è l’ultimo processo dinamico della catena. Esso ha come primo scopo quello di imporsi come soglia invalicabile (0dBFS del dominio digitale, soglia oltre la quale occorre la distorsione) per i transienti più veloci. Inoltre, il limiter viene usato in mastering come loundness maximizer cioè “massimizzatore di volume”: il limiter può essere tradotto semplicemente come un compressore con un altissimo rapporto di compressione (ratio) o meglio come un rapporto infinitamente alto ∞:1. Nel limiter tutti i segnali che oltrepassano la soglia (threshold) vengono riportati al livello di soglia.

In effetti, il limiter è nato come dispositivo di protezione per le apparecchiature evitandone il danneggiamento da parte di segnali troppo ampi e improvvisi. A differenza del classico compressore, il limiter solitamente ha due parametri impostabili che sono la treshold e la release. Gli altri parametri sono automatici come ad esempio l’attacco che è pre-impostato ed è molto veloce proprio per assolvere la sua funzione di entrare subito in azione impedendo appunto ai picchi di superare la soglia.

 

 

 

bisogna fare attenzione

 

In mastering si fa molto uso del limiter perché aiuta l’incremento del livello RMS ma non senza qualcosa in cambio: la qualità. Per questo bisogna fare molta attenzione a cosa succede quando inseriamo un limiter nella nostra catena. Essendo fondamentalmente un compressore dinamico molto aggressivo, molto pronunciato sarà anche l’effetto di incremento di volume che riesce ad ottenere.

Nonostante ciò, la soglia (threshold) non dovrebbe mai scendere sotto il -1dB/-1.5dB se non si vuole rischiare di “segare” di netto i transienti del nostro brano squadrando la forma d’onda e rendendola qualcosa di molto simile ad un rettangolo dall’inizio alla fine del brano (vedi fig.7) cosa che si tradurrebbe in un drastico aumento di volume ma anche in una irreversibile perdita di qualità con introduzione di distorsione ed altri innumerevoli effetti collaterali quali ad esempio una sensazione di affaticamento dell’udito nell’ascolto del brano.    

 

 

 

Limiting e controllo dei livelli nel mastering

tre tipologie di limiter:

 

 

  1. Peak limiter: nasce negli anni 70 per regolare l’uscita del PA. Il peak limiter trova esemplari sia nel mondo analogico sia nel mondo digitale. È, di base, un compressore in modalità peak e feedforward che tende ad un attacco idealmente a 0 e ad una ratio superiore a 10:1. L’efficacia del peak limiter si è rilevata, col tempo, inferiore alle controparti software, in quanto è dotato della funzione look ahead. Questa permette di vedere prima quando arriva il picco, cosi da farlo attivare solo quando occorre ed è possibile solo in digitale. (vedi fig.42)
Maselec MPL-2 peak limiter

Maselec MPL-2 peak limiter

Fig. 42. Maselec MPL-2 peak limiter

   

  1. Brickwall limiter: è un peak limiter con ratio ∞:1. Trova esemplari sia nel mondo analogico che digitale. Tende ad attacco e release virtualmente a 0. L’efficacia delle controparti software deriva dalla capacità tutta digitale di generare tempi di look ahead, eliminando le distorsioni generate da tempi cortissimi e rendendo l’intervento molto più trasparente. (vedi fig.43)

 

A.O.M Invisible Limiter

A.O.M Invisible Limiter

Fig. 43. A.O.M Invisible Limiter

   

  1. Clipper: device disegnato con lo scopo di emulare comportamenti di stadi d’ingresso. Di base, ogni limiter con attacco diverso da 0 è in realtà un clipper. È la forma più trasparente di conservazione della forma d’onda originale, dato che non offre gain reduction, ma taglia il segnale che supera la soglia. Questo fa si che in assenza di gain reduction non c’è distorsione dell’onda. Un limiter prende un picco e lo abbassa, avendo un effetto su tutta l’onda. Qui, tagliandolo, lascia l’onda integra. Se la distorsione viene lasciata nel campo del non udibile è l’unica forma di limiting che non altera anche la risposta alle basse frequenze e ai transienti (vedi fig.44).
Esempio di taglio dell’onda

Esempio di taglio dell’onda

Fig. 44. Esempio di taglio dell’onda

Ecco perché è il limiter più naturale in assoluto. È una tecnica usata nel mondo analogico per ottenere volume (clippando i convertitori) facendo si che lo stadio analogico vada in distorsione, non schiacci il segnale e tagli i picchi. È stato emulato in software ma è decisamente hardware. (vedi fig.45)  

Limiter n6

Limiter n6

Fig. 45. Limiter n6

Il processo del limiting deve essere destinato al semplice controllo delle dinamiche eccessive, ma negli ultimi anni è stato sempre più adottato per scopi diversi. Prima fra tutti la ricerca di un apparente incremento di volume percepito, ricorrendo al limiting per ottenere un effetto loudness (vedi articolo sulla loudness war) comportando così una riduzione dell’immagine stereo, una fatica di ascolto, un mascheramento di molte dinamiche e una riduzione dell’impatto emotivo del programma musicale.

 

 

 

Conclusione

 

Grazie a queste tecniche riguardanti il limiting e controllo dei livelli nel mastering, sarà possibile passare allo step successivo: Controllo dei livelli, stesura tracklist e conversione tra i formati.   Leggi altri articoli relativi al mastering:

 

 

 

 

Marco James D’Emidio

 

 

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